Ad ogni modo, ho deciso di entrare nella tana del nemico: H&M. Perchè io volevo davvero una di quelle cose poco Margiela molto H&M. un po' come quando metto l'ora in avanti sapendo benissimo che l'ho fatto io; mi sono preso per il culo da solo, in sostanza. Perchè io lo so benissimo che voi, voi di H&M, mi state ingannando, ma sono troppo imbecille per prendere seriamente questo pensiero.
Ore 6.40: Sveglia presto. Ho lezione alle 10.30, ma voglio comunque essere lì poco dopo l'apertura. So già che sarà una corsa all'oro. Faccio una veloce (ma quando mai?) colazione con pane, burro e marmellata accompagnati da un ettolitro di caffelatte. Prendo l'autobus, pieno di studenti di età scolare che emanano lo strano odore dell'adolescenza. Mioddio aprite subito il finestrino o vomito.
Ore 8.09: prendo il treno, un Frecciabianca. Come al solito in questa fascia oraria, non c'è un posto vuoto neanche nei bagni. Ma Novembre non era il mese dell'influenza? Trovo un misero posto. Ci appoggio elegantemente le mie terga. Parte il treno: soddisfatto del fatto che nessuno abbia prenotato il posto dove sono seduto. Posso guardare la gente rimasta in piedi con un sorriso tra la soddisfazione e l'autocompiacimento. TROPPO PRESTO. Una signora-carlino ha prenotato il posto dove sono ben adagiato io. L'impulso è quello di gridarle in faccia con la voce di Maga Magò "Chi tardi arriva male alloggia", ma il buon senso ha la meglio. Dannato buonsenso! Mi alzo, mi siedo per terra all'entrata della carrozza: le mie deboli gambe non potevano reggere un'ora di sussulti ferroviari.
Ore 9.02: arrivo in stazione Centrale di Milano. Corro come Shwarzer dopo una dose di steroidi fino alla metro gialla, fermata Duomo. Da lì prendo la rossa per fermarmi in Piazza San Babila, che lo so che tra piazza Duomo e San Babila ci sono poche centinaia di metri, ma per oggi meno cammino meglio è, grazie.
Ore 9.30. Arrivo finalmente in piazza San Babila con la lingua che mi pende fino alle cavigle. Bancomat, mi serve subito un bancomat. Ne va della mia stessa vita, del mio equilibro mentale. Fortunatamente Milano è tappezzata di filiali San Paolo e ne trovo una giusto fuori dalla metro. Prelevo tutto il contante disponibile e mi dirigo, a passo meno deciso della mia trasfigurazione in Shwarzer, verso lo store H&M
Ore 9.36: Entro. Sono figo, sono sicuro di me, spostatevi tutti, culoni, che questo è il mio territorio. Non ho paura di niente. OMMIODDIO UNA TELECAMERA! Nasconditi, non vuoi fare una figura allucinante per un servizio di qualche tg locale. Metto piede nel negozio. Mi manca subito l'aria. L'odore di polvere e di sintetico mi prende la gola, il cervello mi richiede ossigeno (e possibilmente una fibra naturale). Devo farmi forza, non posso arrendermi ora! Tutti quegli asiatici si prenderanno i pezzi più belli, sbrigati! Supero la sicurezza, che pare annoiata e non capisce l'euoforia degli idioti che in quel negozio si sentono delle supermodel. Del resto non la capisco nemmeno io. Scopro, dopo essere andato al piano superiore che recava la scritta "Piano 1- Uomo" che la collaborazione con Margiela viene venduta nel "Piano -1 - Intimo Donna". Razza di screanzati, una rampa di scale per niente! Minuti preziosi che mi separano dal mio tesoro!
Ore 9.50. Non mi sento proprio a mio agio. Qui la gente è famelica, aggressiva, sicura di sè. Pronta a pugnalarti alle spalle manco fossimo in una puntata di Trono di Spade o, peggio, Beautiful. Le giacche ti vengono rubate da sotto il naso. Ma a me non interessano: cazzo vuoi che me ne importi di avere una giacca che grida "Sono stata fatta nel 2006"? Nulla. Poi mi indicano e mi dicono "Quello è vestito da 2006". No grazie. Non trovando la mia maglietta nera (nella mia testa era già mia, ero entrato solo per quella), opto per una camicia bianca, molto basica dal colletto asimmetrico. Tuttavia non mi do per vinto, la speranza è l'ultima a morire. Al massimo ti cede la scapola perchè la borsa che porti piena di libri pesa come una lapide. Comunque, cerco di trascurare il dolore alla spalla e mi aggiro con lo sguardo vacuo da medium posseduto per il negozio, mentre mi sfrecciano davanti asiatici, ragazzi e ragazze di tutte le fogge e colori, per lo più vestiti veramente dimmerda e che richiedono l'uso di occhiali da sole per guardarli. Mi faccio forza; nell'ennesimo giro del piano finto intimo-donna, trovo la tanto ricercata maglietta, ma di un colore disumano. Terrificante. Ricorda la diarrea del mio cane. Placco un commesso. "Un attimo, scusa!". Sì, in effetti sono stato poco delicato a importunarlo mentre era carico come un mulo di capi. Sensi di colpa a manetta: la verità è che io faccio tanto il duro, ma in realtà sono remissivo come i cani quando vedono il giornale arrotolato. Il commesso torna da me, anche se ha ancora tra le braccia una decina di impermeabili bianchi dall'aria molto pesante. "Scusi, nera...questa...c'è?" chiedo, con gli occhi più Bambi che io abbia mai fatto. "No, mi dispiace... quelle che abbiamo sono tutte esposte". AHI! Immane dolore, atroce sentimento, quale mestizia! Il pavimento crolla sotto i piedi, il buio sommerge le mie pupille, lo sconforto contorce il mio volto: E ADESSO CHE CAZZO FACCIO? Uscire con la camicia bianca dal colletto asimmetrico very anonima o prendere questa cosa dal colore agghiacciante? 5 minuti di dilemma in cui ho cambiato umore una settantina di volte, il commesso di prima (che nel frattempo era scomparso da qualche parte, ma nemmeno avevo notato preso dal sapore della disgrazia) torna con un sorriso gigante e pone fine al mio bipolarismo: in mano non ha una maglia nera di quella che volevo io, NE HA BEN 3! "Non so che taglia ti serva, però". "La M, andrà benissimo". "Ok! Eccotela. La camicia vuoi che la metta a posto?". La camicia? E chi se la ricorda più! Certo, tienitela, tua, fanne quel che vuoi. Corro alla cassa, come se quel tesoro dovesse sfuggirmi dalle mani da un momento all'altro; paura anche abbastanza fondata, data la furia famelica degli avventori del negozio. Pago il totale: commessa molto sorridente, molto disponibile; ma siamo sicuri di essere ancora a Milano o sono finito in CortesiaLand? Non mi dispiace, comunque.
Ore 10.20: me ne esco. Posso andare a lezione senza nemmeno far le corse, con un sorriso gigante in faccia e una borsina imbarazzante nella mano destra. La borsa pesa ancora, ma dentro di me sto ballando "Marry the Night" come un ossesso per la felicità.
CONSIDERAZIONI GENERALI.
Già all'uscita della metro San Babila, mi sono reso conto dell'enorme cura e precisione che ci han messo quelli di H&M per una cosa simile: ogni spazio pubblicitario della stazione era riservato a Margiela for H&M. So che fanno queste collaborations (fa tanto fashion blogger dirlo, che schifo) da anni, ma prima non ci ero mai andato. Diffidavo da H&M e diffido ancora. Tuttavia, sono dei portenti del marketing. Primo: mi hanno rincitrullito, un termine da cartone animato ma che è sempre bello dire. Secondo: ti danno davvero l'illusione di essere in uno store d'alta moda. Come se l'ufficio stile di Margiela ci avesse davvero pensato a cosa mandare lì, per quella collezione, e non semplicemente firmato un contratto dicendo "Scegliete quello che volete dai modelli passati". I commessi vestiti con divise destrutturate in pieno Margiela style, le grucce del bianco Margiela, le borsine col loro logo impresso. Bianche, immacolate. E' un'illusione, infatti poi vedi la qualità del capo e allora ti cadono le palle. I filati e i pellami (certo che attribuire una parola come "pellami" ad H&M è come una bestemmia) non sono quelli che usa Margiela. Poco importa: lo paghi di meno, cosa vuoi ancora? Prendi, paga e non lamentarti! E soprattutto vai a lezione, invece di cincischiare.
Ore 9.30. Arrivo finalmente in piazza San Babila con la lingua che mi pende fino alle cavigle. Bancomat, mi serve subito un bancomat. Ne va della mia stessa vita, del mio equilibro mentale. Fortunatamente Milano è tappezzata di filiali San Paolo e ne trovo una giusto fuori dalla metro. Prelevo tutto il contante disponibile e mi dirigo, a passo meno deciso della mia trasfigurazione in Shwarzer, verso lo store H&M
Ore 9.36: Entro. Sono figo, sono sicuro di me, spostatevi tutti, culoni, che questo è il mio territorio. Non ho paura di niente. OMMIODDIO UNA TELECAMERA! Nasconditi, non vuoi fare una figura allucinante per un servizio di qualche tg locale. Metto piede nel negozio. Mi manca subito l'aria. L'odore di polvere e di sintetico mi prende la gola, il cervello mi richiede ossigeno (e possibilmente una fibra naturale). Devo farmi forza, non posso arrendermi ora! Tutti quegli asiatici si prenderanno i pezzi più belli, sbrigati! Supero la sicurezza, che pare annoiata e non capisce l'euoforia degli idioti che in quel negozio si sentono delle supermodel. Del resto non la capisco nemmeno io. Scopro, dopo essere andato al piano superiore che recava la scritta "Piano 1- Uomo" che la collaborazione con Margiela viene venduta nel "Piano -1 - Intimo Donna". Razza di screanzati, una rampa di scale per niente! Minuti preziosi che mi separano dal mio tesoro!
Ore 9.50. Non mi sento proprio a mio agio. Qui la gente è famelica, aggressiva, sicura di sè. Pronta a pugnalarti alle spalle manco fossimo in una puntata di Trono di Spade o, peggio, Beautiful. Le giacche ti vengono rubate da sotto il naso. Ma a me non interessano: cazzo vuoi che me ne importi di avere una giacca che grida "Sono stata fatta nel 2006"? Nulla. Poi mi indicano e mi dicono "Quello è vestito da 2006". No grazie. Non trovando la mia maglietta nera (nella mia testa era già mia, ero entrato solo per quella), opto per una camicia bianca, molto basica dal colletto asimmetrico. Tuttavia non mi do per vinto, la speranza è l'ultima a morire. Al massimo ti cede la scapola perchè la borsa che porti piena di libri pesa come una lapide. Comunque, cerco di trascurare il dolore alla spalla e mi aggiro con lo sguardo vacuo da medium posseduto per il negozio, mentre mi sfrecciano davanti asiatici, ragazzi e ragazze di tutte le fogge e colori, per lo più vestiti veramente dimmerda e che richiedono l'uso di occhiali da sole per guardarli. Mi faccio forza; nell'ennesimo giro del piano finto intimo-donna, trovo la tanto ricercata maglietta, ma di un colore disumano. Terrificante. Ricorda la diarrea del mio cane. Placco un commesso. "Un attimo, scusa!". Sì, in effetti sono stato poco delicato a importunarlo mentre era carico come un mulo di capi. Sensi di colpa a manetta: la verità è che io faccio tanto il duro, ma in realtà sono remissivo come i cani quando vedono il giornale arrotolato. Il commesso torna da me, anche se ha ancora tra le braccia una decina di impermeabili bianchi dall'aria molto pesante. "Scusi, nera...questa...c'è?" chiedo, con gli occhi più Bambi che io abbia mai fatto. "No, mi dispiace... quelle che abbiamo sono tutte esposte". AHI! Immane dolore, atroce sentimento, quale mestizia! Il pavimento crolla sotto i piedi, il buio sommerge le mie pupille, lo sconforto contorce il mio volto: E ADESSO CHE CAZZO FACCIO? Uscire con la camicia bianca dal colletto asimmetrico very anonima o prendere questa cosa dal colore agghiacciante? 5 minuti di dilemma in cui ho cambiato umore una settantina di volte, il commesso di prima (che nel frattempo era scomparso da qualche parte, ma nemmeno avevo notato preso dal sapore della disgrazia) torna con un sorriso gigante e pone fine al mio bipolarismo: in mano non ha una maglia nera di quella che volevo io, NE HA BEN 3! "Non so che taglia ti serva, però". "La M, andrà benissimo". "Ok! Eccotela. La camicia vuoi che la metta a posto?". La camicia? E chi se la ricorda più! Certo, tienitela, tua, fanne quel che vuoi. Corro alla cassa, come se quel tesoro dovesse sfuggirmi dalle mani da un momento all'altro; paura anche abbastanza fondata, data la furia famelica degli avventori del negozio. Pago il totale: commessa molto sorridente, molto disponibile; ma siamo sicuri di essere ancora a Milano o sono finito in CortesiaLand? Non mi dispiace, comunque.
Ore 10.20: me ne esco. Posso andare a lezione senza nemmeno far le corse, con un sorriso gigante in faccia e una borsina imbarazzante nella mano destra. La borsa pesa ancora, ma dentro di me sto ballando "Marry the Night" come un ossesso per la felicità.
CONSIDERAZIONI GENERALI.
Già all'uscita della metro San Babila, mi sono reso conto dell'enorme cura e precisione che ci han messo quelli di H&M per una cosa simile: ogni spazio pubblicitario della stazione era riservato a Margiela for H&M. So che fanno queste collaborations (fa tanto fashion blogger dirlo, che schifo) da anni, ma prima non ci ero mai andato. Diffidavo da H&M e diffido ancora. Tuttavia, sono dei portenti del marketing. Primo: mi hanno rincitrullito, un termine da cartone animato ma che è sempre bello dire. Secondo: ti danno davvero l'illusione di essere in uno store d'alta moda. Come se l'ufficio stile di Margiela ci avesse davvero pensato a cosa mandare lì, per quella collezione, e non semplicemente firmato un contratto dicendo "Scegliete quello che volete dai modelli passati". I commessi vestiti con divise destrutturate in pieno Margiela style, le grucce del bianco Margiela, le borsine col loro logo impresso. Bianche, immacolate. E' un'illusione, infatti poi vedi la qualità del capo e allora ti cadono le palle. I filati e i pellami (certo che attribuire una parola come "pellami" ad H&M è come una bestemmia) non sono quelli che usa Margiela. Poco importa: lo paghi di meno, cosa vuoi ancora? Prendi, paga e non lamentarti! E soprattutto vai a lezione, invece di cincischiare.
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