Si deve andare a votare e tante sono le domande che assillano il capo di noi giovani italiani: chi è meglio? chi è peggio? La matita è in omaggio o dobbiamo restituirla? E come si piegano le schede? Possiamo fare un ritratto improvvisato di Monti?
Oggi ho esercitato il mio diritto: mi sono recato al seggio, dove una sciatta presidente di seggio in tuta mi ha consegnato schede e matita. Ho impiegato meno di 2 minuti per scegliere a chi dare il mio voto, poi invece ho impiegato un'era geologica per piegare la scheda delle elezioni regionali.
Ma lasciate che io mi faccia portavoce delle intenzioni di voto della mia generazione, visto che come è noto sono molto modesto e non soffro di quella strana malattia dei megalomani di confondere se stessi con il mondo. Proprio no.
Sono un ragazzo di vent'anni, di buona famiglia, abbastanza acculturato e io credo anche abbastanza intelligente, nonostante manchi proprio di senso pratico. I miei genitori non mi hanno fatto mancare nulla fortunatamente, a parte quel completo di Hermès che mi piaceva tanto, ecco. Sono cresciuto vedendo i miei genitori e i loro coetanei discutere su Berlusconi e una certa imprecisata Sinistra, che ogni tanto cambiava leader. Sono cresciuto sentendo i nonni parlare delle brutture del fascismo e della vecchia DC, come se fossero avvenimenti epici tipo la Guerra di Troia o Marisa Laurito che fa la persona seria. Ho studiato anche un po' di storia contemporanea al liceo, in modo da dare un po' più di concretezza a questo spettro della DC che aleggiava. Una cosa morta, che però si ricordava anche abbastanza frequentemente.
Noi giovani di vent'anni ci muoviamo in un contesto in cui si ha voglia di rinnovamento: avvertiamo una stanchezza allucinante di cose che, in realtà, non abbiamo mai vissuto. Quindi pensate a quanto ci avete sfracassato i coglioni nonostante fossimo solo spettatori. Spettatori posteri, per altro. Poi stiamo pure crescendo nell'angoscia di non trovare un lavoro, seppur laureati, magari. Io che sono andato sempre in scuole pubbliche, ho dovuto fare anche i conti con continui rimestamenti e ripensamenti sulle politiche riguardo l'istruzione pubblica (cosa nella quale io, per altro, credo profondamente). E' logico pensare che sentiamo il peso di anni di sterili discussioni, di politiche ingiuste nei nostri confronti alle quali, per altro, noi non abbiamo potuto nemmeno partecipare. Possiamo farlo adesso, ma ci ritroviamo una scelta che non è poi tanto diversa da quella che abbiamo visto, piccoli e inermi, dagli schermi dei TG nazionali. Se poi uno legge i programmi dei partiti sulle politiche giovanili, allora le braccia cadono e iniziano a scavarci la fossa.
Sono molti quelli della mia età che sentono il richiamo del Grillismo o di Ingroia, come se quello fosse il primo passo per una rivoluzione vera (non sto mettendo sullo stesso piano i due, sia chiaro). Così come sono molti i giovani che si rifugiano nei partiti più estremi, tra Casa Pound e Forza Nuova, probabilmente pensando che con un'azione violenta si riesca a "rimandarli tutti a casa". Per non parlare, poi, di tutti i giovani che decideranno per l'astensione o la scheda bianca. Per non parlare della fuga all'estero. C'è un clima di disillusione amara e generale, e nessuno riesce a darci una motivazione concreta per continuare a credere in qualcuno. Possiamo credere in qualcosa, a vent'anni si credono a molte cose in effetti, ma in qualcuno tra gli eleggibili ci risulta difficile.
Voglio dire, è la prima volta che votiamo e già siamo esausti. Campagne elettorali vuote e trite; non solo esausti, ma anche esclusi dai giochi.
Io oggi sono andato a votare con molta rassegnazione, ma essere rassegnati già a vent'anni è triste e debilitante, e credo che questo debba portare un po' di domande là, a Montecitorio. Anche se non siamo convinti che lo facciano.
Ho letto con interesse (e segnalerò su FB) il tuo post, che mi ha fatto tornare con la mente al mio primo voto. Mi ha dato l'occasione per chiedermi, a distanza di tanto tempo, come io lo avevo vissuto.
RispondiEliminaAvevo anch'io vent'anni e i problemi dei giovani di allora (erano gli anni '70) non erano dissimili da quelli dei ragazzi di oggi. Anche allora non era facile trovare un posto nel mondo, se non eri un "figlio di papà" e anche allora il merito il più delle volte non valeva una cicca.
Però non si era rassegnati. Ciò che più mi ha colpito in quello che dici è proprio questo, ed hai ragione: essere rassegnati già a vent'anni è triste e debilitante. Ma bisogna reagire, anche se non è facile. Voi, giovani di oggi, siete la speranza anche di noialtri, che volevamo ribaltare il mondo e non abbiamo saputo farlo.
Ciao, Pasquale.
P.S. Se ti può interessare, anch'io curo saltuariamente un blog:
http://musorosso.blogspot.it