martedì 27 novembre 2012

Se avessi fatto questo tema alla maturità mi avrebbero ricoverato.

Voi dovreste ben ricordarvi le tracce date dal MIUR (che sigla orrenda..) per la prima prova di Italiano scritto per la maturità 2012. Voi, ho detto, perchè io proprio non me le ricordo. Eccetto la mia. Resta il fatto che una di quelle richiedeva al candidato di esporre un tema "libero" prendendo spunto da una frase di nemmeno so chi più, qualcosa comunque che aveva a che fare con l'avere i vent'anni oggi o vattelapesca (grazie Holden).
Ve lo dico cosa vuol dire avere vent'anni. Ve lo dico io cosa si prova a vent'anni nel vedere la gente in giro che indossa il camouflage senza ritegno.
Qualcosa sta cambiando, lo sento nell'acqua, lo sento nella terra, lo avverto nell'aria (che in questo momento sa di cane bagnato, Leo...esci). I miei venti si avvicinano, intesi anche come perturbazioni se volete. Ogni specchio della casa è coperto da pesanti drappi neri di velluto, anche per il fatto che INSPIEGABILMENTE avrò anche 20 anni tra pochi giorni, ma io pensavo di averci chiuso, con l'acne giovanile (che peraltro non ho mai avuto, che credete...), già cinque anni fa. Mi aggiro per la casa con un pallore che Cullen spostatevi tutti, alterno momenti di ilarità a momenti di sconforto tali da farmi desiderare cose fuori da ogni umana immaginazione, tipo farmi pelato come Britney nel 2009 (ciao B., mi manchi... guarda che io ascolto sempre Gimme More. Per me è una bella canzone). E non credo che questo male di vivere sia solo per la vecchiaia che avanza. Va bene, il pensiero che il decadimento fisico sia a soli quattro anni da qui mi getta in un terrore tale da farmi piangere sul tappeto del bagno in posizione fetale, ma ho letto che se uno fa sport invecchia dopo... Certo bisogna avere la VOGLIA, di fare sport. E diciamo pure che il sudore è il mio peggior nemico. E diciamo anche che sport è il contrario di Fabio. Ma, come dicevo prima del delirio, non è solo per il pensiero del  decadimento fisico che la mia faccia ha la stessa tristezza dipinta sul volto di quella che avrebbe Formigoni se scoprisse di aver sbagliato lavaggio della giacca salmone. 
Uno vede sempre i vent'anni come un grande traguardo, una tappa importante: la fine dei tuoi anni da teenager. E invece è proprio una tappa di stamminchia. Ma davvero, ma se io penso che a vent'anni si debba fare un primo bilancio della propria vita, allora mi viene voglia di ingoiar chiodi al tetano. 
Là fuori ci sono un sacco di ventenni ringalluzziti che non aspettano altro che soffiarmi il posto da Vogue. Io come minimo dovrei essere là fuori a gambizzarli, invece di piangermi addosso. Eppure la mia ambizione ha avuto una collisione fotonica col treno Reality. Il treno recava la scritta: "Che cazzo stai facendo?". 
In effetti, io che diavolo sto facendo? I ventenni ringalluzziti di cui sopra hanno già all'attivo articoli per il giornale locale, collaborazioni con chissà quale casa di moda medio-orientale dimenticata da Dio, forse un diploma con un punteggio più alto del mio! Per non parlare che magari hanno pure finito il secondo anno di università, mentre io sono ancora al primo perchè in quarta ginnasio sono stato un emerito idiota. E la colpa è tutta vostra che non mi avete picchiato a dovere con grucce di Margiela.
Loro possono scrivere tutte queste cose su un eventuale curriculum per uno stage. Mentre io? Io cosa scrivo? Esperto nel mettere in ordine cromatico i quaderni Monocromo (peraltro una qualifica che per me meriterebbe un riconoscimento Statale)? Dirigo/scrivo/leggo un blog che è nato tipo ieri? Fa abbastanza tristezza leggere questo. E poi, anche dopo la mia utilissima laurea in lettere, che cacchio vado a fare? I ponti han già troppi inquilini, mi han detto. 
Tra l'altro, uno potrebbe pensare "Va be', abbandona le ambizioni e vai a fare un lavoro normale...". Eh sì, in effetti è proprio il momento adatto. Ti tirano dietro posti di lavoro per diplomati al liceo classico. PIENO COSI'! Ho giusto la fila fuori che mi contende. Qualche volta lancio una mia maglietta per vedere come litigano per averla. Mmmmh già.
Ecco cosa vuol dire avere vent'anni ora. Vuol dire avere una vocina che parte dallo stomaco e finisce nella testa e ti dice tante tante brutte cose. E vi assicuro che non è schizofrenia, non ora per lo meno. Vuol dire anche che se vuoi fare cose utilissime alla società, tipo il modello, non puoi! Perchè c'è un sedicenne ucraino scappato di casa che è lì, più alto e più bello, a rubarti il posto. Tutta questa competizione a noi ventenni porta all'esaurimento. Io stesso adesso non riesco più a capire come abbinare la camicia di jeans so '90s. E SE NON E' ESAURIMENTO QUESTO. Va bene, la competizione sana ci piace, la incentiviamo, è bellina e ci spinge a fare meglio. Ma se questa deve costare un mio qualsiasi futuro (e non parlo di uno specifico) allora CIUPPA! Io mi prendo un carrettino di gelati e vado a fare competizione con quello, altrochè. 
Ora, se mi scusate, vado ad affogarmi nel tè earl gray, ascoltare Mina che strilla e ricominciare a frustare la mia ambizione che se cala quella io sono finito tipo capello nello scarico del lavandino.

martedì 20 novembre 2012

Tipologia del viaggio.

Certi viaggi in treno sono davvero noiosi. Talmente noiosi che sei persino troppo annoiato anche per tirare fuori il libro di tipologia linguistica che ti porti sempre dietro. E insomma, per combattere la noia bisogna inventarsi qualcosa, non possiamo mica passare un'ora ad osservare il sedile vuoto di fronte a noi. Vi assicuro che non è per niente interessante. Io, poi, sono una di quelle persone del tutto normali (pfffff!) che in treno non riesce a dormire. Non ci riesce proprio. Avrei bisogno di una poltrona reclinabile a 180° per poterlo fare: la volta che ci ho provato, a dormire sul treno, mi sono svegliato con la reale impressione di avere le ossa delle braccia che si erano trasferite negli arti inferiori, e viceversa. Una sensazione orribile. Per non parlare del torcicollo che poi mi ha afflitto per tutta la giornata. Voi che dormite in treno, avete TUTTA la mia invidia. E comunque ci definiamo un paese civile quando non abbiamo ancora i sedili reclinabili di 180° sui treni. Non so, allora torniamo a vivere nelle caverne, tanto!
Comunque, non volendo nè leggere un libro nè studiare, mi sono concentrato sui passeggeri del treno Frecciabianca. E ho scoperto che si possono raggruppare in diverse tipologie. Quasi lo facessero apposta. Così, ho tracciato dei profili coi quali voi, miei piccoli 25 lettori (quanto adoro il Manzoni? Ma quanto lo adoro??) potrete giocare nei vostri viaggi in treno, senza annoiarvi Dai, non stupitevi troppo del fatto che io sembri così magnanimo, è perchè non vedo le infradito che indossate. Tra l'altro io mi riferisco a quelli che usufruiscono della seconda classe, giacchè l'accesso alla prima, per qualche ragione a me ignota e totalmente priva di senso, mi è precluso.

Tipo 1: L'uomo d'affari.
Il singolare qui non è opportuno. Conviene dire "gli uomini d'affari". Sì, perchè questi girano SEMPRE in gruppo, sono SEMPRE vestiti nel medesimo noioso modo e, cosa inquietante, si conoscono tutti. Si conoscono tutti e parlano delle stesse cose, prendono i giornali per poi non leggerli, si lamentano del fornitore che è fuggito in Argentina e non si capisce mai bene che lavoro facciano. Anche perchè, chi ha davvero voglia di ascoltarli, quando parlano di componenti per auto? Come se l'industria metallurgica fosse importante, bah. Li potrete riconoscere dal completo giacca e cravatta very anonimous il cui colore, solitamente, varia dal grigio al blu. Ci sono sporadiche presenze beige, ma per lo più sono estive. Se lo indossano d'inverno, allora sono nuovi nell'ufficio in cui stanno andando, oppure gli altri completi sono a lavare. La loro arma è la 24ore, i più formal ce l'hanno in pelle, gli altri in tessuto. Nessuno sa cos'abbiano lì dentro, quale tesoro nascondano, e francamente non ce ne frega un cazzo. Stupisce, poi, che abbiano qualsiasi ritrovato tecnologico. Quelli che non hanno tecnologia Apple, vengono considerati dai loro simili come lebbrosi, e quindi allontanati dalla loro strana comunità. L'80% di questi individui è di sesso maschile, non dimostra mai più di 50anni, sempre sbarbatissimi e brizzolati. Eleganza solo di facciata, dato che poi tirano fuori l'impermeabile blu antipioggia (davvero, è sempre blu. Come i controllori dell'autobus) e hanno il calzino bucato. Se poi è bianco il Sinceramente Vostro sviene. Che poi, tornando al discorso di prima sull'impermeabile, c'è qualcosa di profondamente sbagliato nell'abbinare il blu e il nero. Fidatevi, io l'ho fatto. Era il 2009. Da allora non mi sono più perdonato, ma trovo che mi dia sollievo confessare questo peccato qui. Certo, tutto cambia se il blu è un blu china o un cobalto, allora ok, allora nero forevvah.

Tipo 2: Lo studente residente a Milano.
Lo studente residente si riconosce per il piccolo trolley con i vestiti lavati e stirati da mammà (sì, sempre quella che fa gli gnocchi) e la faccia scazzatissima, sempre contratta nella smorfia che precede lo sbuffo da scazzo. In effetti, non riescono proprio a capire perchè devono tornare il weekend in questa città vuota (ho iniziato a cantare Mina, non avvicinatevi) e poi devono prendere il treno per tornare. Non sarebbe meglio che mia madre mi mandasse i vestiti puliti per pacco postale? E' davvero snervante. Lui ha il posto prenotato, e se glielo occupi ti guarda con lo sguardo del gatto quando lo butti giù dalla sedia.

Tipo 3: Lo studente pendolare. Ovvero quella dello scrivente.
Si riconosce dalla categoria sopracitata perchè lo scazzo, sul suo volto, ha lasciato posto alla rassegnazione. Egli prende il treno come un normalissimo rituale mattutino, non sa veramente quello che sta facendo. Non sa perchè le gambe l'abbiano portato lì, dato che sta ancora dormendo. Eppure, appena mette piede nella carrozza, diventa vigile come un suricata nella savana: l'obiettivo è trovare il posto. Il posto a sedere o la vita; il posto a sedere o l'esaurimento; il posto a sedere o l'insulto. Quando lo trova, potete notare la sua espressione del volto cambiare: la speranza è che nessuno reclami quel posto. Quasi quasi pensa di fingersi zoppo, pur di restare seduto. Ecco che allora gli occhi percorrono la carrozza da una parte all'altra, guardano con sospetto ogni persona che si avvicina al sedile. La sequenza di espressioni facciali, che può variare dalla circospezione al terrore, dura pochi minuti: quel tanto che basta che il treno parta. Ma per il pendolare è un momento CRUCIALE, che può determinare l'umore di tutta la giornata. E a lui, questo momento di osservazione sembra durare un'eternità.
Una volta che è seduto, nel migliore dei casi crolla in un sonno agitato e convulso, altrimenti tira fuori qualche manuale e inizia a studiare affannosamente, perchè bisogna assolutamente finire il capitolo prima che il viaggio termini. Se invece è costretto ad alzarsi, inizia a recitare malocchi e macumbe brasiliane che non ha mai sentito prima; ma insomma, TU hai osato prendere il MIO posto che mi sono guadagnato col sudore della fronte?? E chissenefrega se hai pagato! Anche io! Non me ne frega una minchia lessata al microonde! Per quanto mi riguarda puoi anche issarti e sdraiarti sulla cappelliera per le valige lì in alto, che questo posto ora è MIO e se mi trascini via inizio a piangere, ecco.

Tipo 4. La nonna.
E' un soggetto particolare, dato che non puoi mai prevedere se sarà una nonna benevola o una nonna stronza. Quello su cui puoi star sicuro è che è rompipalle, in qualunque caso dei due.
Lei non prende mai il treno; quella volta che lo prende è per una visita specialistica in qualche ospedale in Milano o perchè è venuta a trovare i nipoti/figli. Non prendendo mai il treno, non capisce bene come funzioni ed è terrorizzata dall'essere abbindolata/rapinata/narcotizzata (sì, sono un tantino paranoiche) dal primo che passa. Solitamente, non sa dove sia la sua carrozza. Veramente scopre solo DOPO ESSERSI SEDUTA che le carrozze sono numerate, così qualche anima pia deve indicarle la strada per arrivarci. Conviene non attaccare mai bottone con questa, a meno che non vi sentiate soli, perchè inizierà una lunga pantomima sulla sua vita, su quanto il servizio sia di pessimo livello, sul perchè è venuta a Milano ecc ecc. Nel peggiore dei casi, vi dirà di tirare indietro le gambe perchè a lei "fanno un po' male a stare così". Allora tu, che fai? Mica vuoi avere l'artrite di una nonna veronese sulla coscienza; così inizi a raggomitolarti tipo riccio in una posizione scomodissima e sconosciuta alle umane genti.   Da quel momento lì, non potrai più distendere le gambe. Mai più fino alla fine del viaggio, in nessuna direzione. Uno, ingenuamente, potrebbe pensare di distenderle giusto due minuti verso il corridoio di passaggio tra i sedili, giusto per far riprendere al sangue una circolazione da persona sana, ma ERRORE ERRORISSIMO. Sentirai la punta di un ombrello sulla tua scarpa ed una vocina flebile che ti dirà "Signore, non può mettersi così, se no la gente inciampa e non passa più". Già... inciampa la gente... ma che caso. Perchè io faccio sgambetti di professione, in effetti. Ho un diploma per questo. Mi piace vedere nasi rotti a causa mia, certo. Sono quelle cose che in effetti migliorano la giornata. Ma secondo te, pensionata della mmminchia, ma secondo te io sono così idiota? Ma secondo te non mi sposto? Ma io non so se il Valium ti ha anche dissolto le facoltà cognitive, mioddio. (Voi non ci crederete ma a me è capitato davvero).

Tipo 5. La studentessa egocentrica.
La studentessa egocentrica è una sottocategoria dello studente pendolare, ma è una presenza così rilevante sui treni tale da meritare una menzione a parte. Ella passa ogni viaggio al telefono, il che non è niente di male, in fondo. Peccato che queste non sono come le normali persone, che usano un tono di voce tollerabile dall'orecchio umano, ma sembra che abbiano un megafono nella gola. E allora tutta la carrozza sa le sue vicissitudini sentimentali, su cosa tizia ha fatto, su chi le ha sporcato il maglione color cipria, su quanta cacca ha fatto il suo cane nella macchina del suo ragazzo e molte altre cose talmente rilevanti da cambiare la vostra vita per sempre. In effettti, informazioni tali non devono essere celate! Non devono restare patrimonio di uno! Ma condivise, condivise con tutto il globo! Affinchè anche voi sappiate la differenza tra quello che lei voleva e quello che il parrucchiere le ha fatto. Dimenticavo di dirvi che la frequenza di voce di queste ragazze è uguale a quella di una ghirlandaia ferita o una scimmia urlatrice.

Tipo 6. La mamma in carriera.
E' la mia categoria preferita, sono bellissime e molto divertenti da osservare. E' la controparte maschile dell'uomo da affari. Ella deve destreggiarsi tra riunioni in sede (non si capisce mai cosa sia veramente questa sede), portare il figlio a basket, andare a prendere la figlia a scuola, portare le medicine alla madre e crollare a letto con una dose di morfina. Non ammetterebbe MAI di essere in procinto di un esaurimento nervoso, tuttavia non serve essere osservatori attenti per notare l'occhiaia color lago di Loch Ness che contorna gli occhi strabuzzanti. Sono tutte un fascio di nervi, molto ben vestite e pettinate, ma hanno una tensione tale nel corpo che se dovessero rilasciarla tutta in un istante riuscirebbero a rompere l'osso del collo degli astanti. Sono molto pragmatiche e, per la felicità di tutti, non hanno valige ingombranti che bloccano i passaggi e che richiedono la forza di 100 buoi per essere issate sulle cappelliere; no, loro si portano tutto in una big bag da giorno, dal tale peso che si sospetta si portino dietro tutta la batterie di pentole Mondial Casa, o il marito fatto a pezzi; non è dato saperlo. Ama i suoi figli e ama dire al mondo quanto per lei non sia così difficile destreggiarsi tra lavoro e carriera. Comunque, si è fatta chiudere le tube dopo un rischio di gravidanza, così, giusto per....

Tipo 7. L'isolato.
Solitamente è un esemplare di uomo d'affari estromesso dalla comunità perchè non ha l'iphone. O perchè ha il completo beige. O per altri futili motivi che però per loro sono dei codici di appartenenza. Soffre molto per quest'esclusione, così cerca disperatamente di entrare in un altro gruppo, almeno per costruirsi una nuova identità. AAAH se non avessi indossato quel completo khaki... (ma guarda, ma potevi arrivarci anche da solo. Il khaki solo se stai facendo il safari in Kenia, se no dimenticalo).
Egli è solito commentare, con un tono che vorrebbe essere sarcastico ma in realtà sembra quello di uno stalker, qualsiasi avvenimento di minima rilevanza che accade sul treno. Come "Eh, di nuovo in ritardo.." oppure "Balla sempre questo treno..." oppure ancora "Certo che potrebbero pulirla la Centrale...". Tutte cose che denotano quindi il suo essere un acuto osservatore. Io ve lo dico, poi potete fare quello che volete: non iniziate una conversazione, o vi ritrovete a parlare del nulla con un sociopatico (e non parlo di me, davvero). Be' io ve l'ho detto (a questo punto voi dovreste riconoscere la citazione da Harry Potter e la Pietra Filosofale del Professor Raptor. Dovreste se siete dei lettori attenti, dico..)

Tipo 8. I turisti Asiatici.
Io li adoro, davvero. Sono carinissimi. Certo, con uno stile discutibile, ma divertentissimi. I loro bagagli riportano bellissime parole che mettono il buon umore allo scrivente quali "Prada", "Dior", "Miu Miu". Notate che non ho citato Louis Vuitton? Ecco, fatevi delle domande...
Comunque nemmeno loro sono molto esperti con i treni italiani (ovviamente perchè saranno abituati a cose avveneristiche allucinanti, ma non sembrano farci caso) però non disturbano nessuno e sono sempre gentili con tutti. E poi hanno questo atteggiamento di non chiedere nulla a nessuno e di arrangiarsi, in silenzio,mestamente, con la curiosità dipinta sul volto. Essenzialmente li trovate che viaggiano alla volta di Venezia o Verona, per continuare il loro Grand Tour shoppingaro. Almeno loro possono, io intanto ammiro gli abiti che indossano. Poverini, lo fanno senza cognizione di causa, e quindi mi mettono una borsa Moschino su un abito Prada, ma glielo si può perdonare.

A questo punto, io mi auguro che non ne sia uscito un profilo del sinceramanete Vostro come una persona terrorizzata dal mondo, arrogante e con tendenze un attimino dittatoriali. Non sono sempre così. Non credo. Alla fine, ho sempre gli occhi da Bambi che mi salvano.


venerdì 16 novembre 2012

L'invasione di cavallette.

Credo che già il titolo del post sia molto evocativo rispetto alla giornata di oggi. Talmente evocativo che mi sento una cavalletta vera alle spalle, mentre ci penso. E ho i brividi. Le cavallette sono un altro dei mali del mondo, ne parla persino la Bibbia! (come se quella fosse garanzia di verità...mah! Ma mi serviva un supporto alla mia tesi).  A parte questo, stamattina alla fine ho ceduto. Ho scoperto di essere una vittima della pubblicità; una creatura senza spina dorsale che si fa trascinare dagli spot; d'altronde io sono quello che quando guarda l'acqua Lete al supermercato crede DAVVERO che ci sia la particella sofferente per la solitudine. Sono anche quello che crede che la Apple faccia le cose più faighe di tutte, anche se uno guarda bene il capello, non è proprio così. Il mio guaio è che sono manipolabile, tipo i polpi.E quindi spesso mi ritrovo la testa sbattuta sugli scogli della realtà. Lo sapete, no, che per ammazzare i polpi fanno così?
Ad ogni modo, ho deciso di entrare nella tana del nemico: H&M. Perchè io volevo davvero una di quelle cose poco Margiela molto H&M. un po' come quando metto l'ora in avanti sapendo benissimo che l'ho fatto io; mi sono preso per il culo da solo, in sostanza. Perchè io lo so benissimo che voi, voi di H&M, mi state ingannando, ma sono troppo imbecille per prendere seriamente questo pensiero.

Ore 6.40: Sveglia presto. Ho lezione alle 10.30, ma voglio comunque essere lì poco dopo l'apertura. So già che sarà una corsa all'oro. Faccio una veloce (ma quando mai?) colazione con pane, burro e marmellata accompagnati da un ettolitro di caffelatte. Prendo l'autobus, pieno di studenti di età scolare che emanano lo strano odore dell'adolescenza. Mioddio aprite subito il finestrino o vomito.

Ore 8.09: prendo il treno, un Frecciabianca. Come al solito in questa fascia oraria, non c'è un posto vuoto neanche nei bagni. Ma Novembre non era il mese dell'influenza? Trovo un misero posto. Ci appoggio elegantemente le mie terga. Parte il treno: soddisfatto del fatto che nessuno abbia prenotato il posto dove sono seduto. Posso guardare la gente rimasta in piedi con un sorriso tra la soddisfazione e l'autocompiacimento. TROPPO PRESTO. Una signora-carlino ha prenotato il posto dove sono ben adagiato io. L'impulso è quello di gridarle in faccia con la voce di Maga Magò "Chi tardi arriva male alloggia", ma il buon senso ha la meglio. Dannato buonsenso! Mi alzo, mi siedo per terra all'entrata della carrozza: le mie deboli gambe non potevano reggere un'ora di sussulti ferroviari.

Ore 9.02: arrivo in stazione Centrale di Milano. Corro come Shwarzer dopo una dose di steroidi fino alla metro gialla, fermata Duomo. Da lì prendo la rossa per fermarmi in Piazza San Babila, che lo so che tra piazza Duomo e San Babila ci sono poche centinaia di metri, ma per oggi meno cammino meglio è, grazie.

Ore 9.30. Arrivo finalmente in piazza San Babila con la lingua che mi pende fino alle cavigle. Bancomat, mi serve subito un bancomat. Ne va della mia stessa vita, del mio equilibro mentale. Fortunatamente Milano è tappezzata di filiali San Paolo e ne trovo una giusto fuori dalla metro. Prelevo tutto il contante disponibile e mi dirigo, a passo meno deciso della mia trasfigurazione in Shwarzer, verso lo store H&M

Ore 9.36: Entro. Sono figo, sono sicuro di me, spostatevi tutti, culoni, che questo è il mio territorio. Non ho paura di niente. OMMIODDIO UNA TELECAMERA! Nasconditi, non vuoi fare una figura allucinante per un servizio di qualche tg locale. Metto piede nel negozio. Mi manca subito l'aria. L'odore di polvere e di sintetico mi prende la gola, il cervello mi richiede ossigeno (e possibilmente una fibra naturale). Devo farmi forza, non posso arrendermi ora! Tutti quegli asiatici si prenderanno i pezzi più belli, sbrigati! Supero la sicurezza, che pare annoiata e non capisce l'euoforia degli idioti che in quel negozio si sentono delle supermodel. Del resto non la capisco nemmeno io. Scopro, dopo essere andato al piano superiore che recava la scritta "Piano 1- Uomo" che la collaborazione con Margiela viene venduta nel "Piano -1 - Intimo Donna". Razza di screanzati, una rampa di scale per niente! Minuti preziosi che mi separano dal mio tesoro!

Ore 9.50. Non mi sento proprio a mio agio. Qui la gente è famelica, aggressiva, sicura di sè. Pronta a pugnalarti alle spalle manco fossimo in una puntata di Trono di Spade o, peggio, Beautiful. Le giacche ti vengono rubate da sotto il naso. Ma a me non interessano: cazzo vuoi che me ne importi di avere una giacca che grida "Sono stata fatta nel 2006"? Nulla. Poi mi indicano e mi dicono "Quello è vestito da 2006". No grazie. Non trovando la mia maglietta nera (nella mia testa era già mia, ero entrato solo per quella), opto per una camicia bianca, molto basica dal colletto asimmetrico. Tuttavia non mi do per vinto, la speranza è l'ultima a morire. Al massimo ti cede la scapola perchè la borsa che porti piena di libri pesa come una lapide. Comunque, cerco di trascurare il dolore alla spalla e mi aggiro con lo sguardo vacuo da medium posseduto per il negozio, mentre mi sfrecciano davanti asiatici, ragazzi e ragazze di tutte le fogge e colori, per lo più vestiti veramente dimmerda e che richiedono l'uso di occhiali da sole per guardarli. Mi faccio forza; nell'ennesimo giro del piano finto intimo-donna, trovo la tanto ricercata maglietta, ma di un colore disumano. Terrificante. Ricorda la diarrea del mio cane. Placco un commesso. "Un attimo, scusa!". Sì, in effetti sono stato poco delicato a importunarlo mentre era carico come un mulo di capi. Sensi di colpa a manetta: la verità è che io faccio tanto il duro, ma in realtà sono remissivo come i cani quando vedono il giornale arrotolato. Il commesso torna da me, anche se ha ancora tra le braccia una decina di impermeabili bianchi dall'aria molto pesante. "Scusi, nera...questa...c'è?" chiedo, con gli occhi più Bambi che io abbia mai fatto. "No, mi dispiace... quelle che abbiamo sono tutte esposte". AHI! Immane dolore, atroce sentimento, quale mestizia! Il pavimento crolla sotto i piedi, il buio sommerge le mie pupille, lo sconforto contorce il mio volto: E ADESSO CHE CAZZO FACCIO? Uscire con la camicia bianca dal colletto asimmetrico very anonima o prendere questa cosa dal colore agghiacciante? 5 minuti di dilemma in cui ho cambiato umore una settantina di volte, il commesso di prima (che nel frattempo era scomparso da qualche parte, ma nemmeno avevo notato preso dal sapore della disgrazia) torna con un sorriso gigante e pone fine al mio bipolarismo: in mano non ha una maglia nera di quella che volevo io, NE HA BEN 3! "Non so che taglia ti serva, però". "La M, andrà benissimo". "Ok! Eccotela. La camicia vuoi che la metta a posto?". La camicia? E chi se la ricorda più! Certo, tienitela, tua, fanne quel che vuoi. Corro alla cassa, come se quel tesoro dovesse sfuggirmi dalle mani da un momento all'altro; paura anche abbastanza fondata, data la furia famelica degli avventori del negozio. Pago il totale: commessa molto sorridente, molto disponibile; ma siamo sicuri di essere ancora a Milano o sono finito in CortesiaLand? Non mi dispiace, comunque.

Ore 10.20: me ne esco. Posso andare a lezione senza nemmeno far le corse, con un sorriso gigante in faccia e una borsina imbarazzante nella mano destra. La borsa pesa ancora, ma dentro di me sto ballando "Marry the Night" come un ossesso per la felicità.

CONSIDERAZIONI GENERALI.

Già all'uscita della metro San Babila, mi sono reso conto dell'enorme cura e precisione che ci han messo quelli di H&M per una cosa simile: ogni spazio pubblicitario della stazione era riservato a Margiela for H&M. So che fanno queste collaborations (fa tanto fashion blogger dirlo, che schifo) da anni, ma prima non ci ero mai andato. Diffidavo da H&M e diffido ancora. Tuttavia, sono dei portenti del marketing. Primo: mi hanno rincitrullito, un termine da cartone animato ma che è sempre bello dire. Secondo: ti danno davvero l'illusione di essere in uno store d'alta moda. Come se l'ufficio stile di Margiela ci avesse davvero pensato a cosa mandare lì, per quella collezione, e non semplicemente firmato un contratto dicendo "Scegliete quello che volete dai modelli passati". I commessi vestiti con divise destrutturate in pieno Margiela style, le grucce del bianco Margiela, le borsine col loro logo impresso. Bianche, immacolate. E' un'illusione, infatti poi vedi la qualità del capo e allora ti cadono le palle. I filati e i pellami (certo che attribuire una parola come "pellami" ad H&M è come una bestemmia) non sono quelli che usa Margiela. Poco importa: lo paghi di meno, cosa vuoi ancora? Prendi, paga e non lamentarti! E soprattutto vai a lezione, invece di cincischiare.





mercoledì 14 novembre 2012

Animal-zismo.

Questo è un post volutamente polemico e ironico, ma che cela comunque dei profondi pensieri. Se la tua sensibilità ne è urtata, allora chiudi la pagina, corri dalla mamma che ha fatto gli gnocchi e espira forte in un sacchetto di carta per placare tutti i disturbi che hai afflitto al tuo corpo somatizzando l'ansia. E voglio parlare dell' ANIMAL-ZISMO, neologismo appositamente coniato da me medesimo per indicare una certa tendenza di alcuni animalisti (o sedicenti tali) che hanno una certa propensione all'insulto facile. Mi rendo conto che la vicinanza di una laterale alveolare sonora con una fricativa alveolare sonora produca un suono cacofonico e sia difficile da pronunciare, ma voi provateci lo stesso.
Io ho sempre sentito una certa affinità col mondo animale, davvero; a otto anni questa affinità si era trasformata in ossessione quando, andando a dormire, speravo di risvegliarmi nella forma di cane. Un po' Kafkiana come idea, ma sicuramente sarei stato più fortunato di Gregor Samsa, giacchè lo scarafaggio è il demonio venuto su questo globo. Che bella l'infanzia...non conoscevo ancora Kafka e tutto mi sembrava più colorato. Comunque, volevo diventare cane, ma principalmente per non dover andare a scuola la mattina e per non fare i compiti della maestra Giovanna. Qualcuno in realtà direbbe che anche ora vorrei essere un cane, ma un cane grasso, per rotolare sul tappeto nei momenti di nullafacentismo. Quindi, mi ci volle un attimo ad estendere l'amore che provavo per il mio Speedy (pace all'anima sua) alla specie canina, per poi estenderlo addirittura verso TUTTO il mondo animale. Gli insetti ovviamente fanno eccezione: loro non sono animali, solo luridi e malsani esseri che si muovono nei modi più sconosciuti. Anche i piccioni fanno eccezione, per lo stesso motivo. Va be', diciamo che il mio amore era esteso solo ai mammiferi, ok.

In ogni caso, ho sempre pensato che rispettare gli animali fosse un segno di civiltà.
Ma civiltà è anche non sporcare la pelliccia da 30000 euro di vernice perchè tu, animal-zista, ti senti offeso. Perchè se tu mi sfiguri la pelliccia...ma hai presente poi come ti sfiguro la faccia, io? ALTRO CHE VERNICE. Ma nemmeno un'immersione in tintura di iodio ti aiuterebbe a disinfettare le abrasioni che ti provoco a suon di visoni lanciati. Che poi, a me le pellicce piacciono tanto da vedere, ma non le comprerei mai. E non ce l'ho. E non comprerei mai qualcosa con inserto in pelo perchè mi sentirei tremendamente in colpa nei confronti dell'essere che mi copre le spalle. Anche se è tanto morbido. Diverso sarebbe il caso se mi trovassi un cappotto rasato sul letto e nessuno ne reclamasse il possesso...allora credo che lo metterei. Ma MAI NELLA VITA mi sognerei di andar insultare gente che indossa pellicce per farle sentire delle merde ambulanti. Ma no. Ma nemmeno le proteste di fronte a Max Mara mi convincono. A parte che metà del nostro PIL (non so bene cosa sia il PIL, ma ultimamente usano tutti questa sigla...) è costituito dalla vendita di abbigliamento, nel quale ci sta anche l'industria conciaria. E quindi no, le proteste di fronte a Max Mara mi danno un po' fastidio, che le commesse poi devono pure chiudere il negozio quel giorno perchè non ci entra nessuno.
 Quello che voglio dire è che io delle domande ME LE PONGO. Me le pongo anche quando vedo la bistecchina di pollo che giace inerme sul mio piatto, con un colore che ricorda qualcosa di misto all'anemia e all'epatite. Cos'è, pollo, hai qualcosa da ridire sul fatto che io ti mangi? E NE HAI TUTTE LE RAGIONI! Io non so come ti han trattato prima che finissi nella mia padella e venissi saltato con olio, aglio e poi condito con limone e prezzemolo. No, non lo so. E mi viene male se poi so che eri in una gabbia grande quanto un francobollo del Regno Unito. E delle mucche, ne vogliamo parlare? Vitellini separati alle madri perchè poi devono finire nella Simmental, la quale poi finisce nel piatto del mio cane perchè in casa nostra la Simmental non la mangia NESSUNO: solo mio padre la compra per aprirne una scatoletta e poi mangiarne solo metà. Certo che queste cose mi fanno tristezza. E allora uno può dirmi: diventa vegetariano. PPPFFFFFFF! Non diciamo minchiate apocalittiche: io di diventare vegetariano non ne ho la forza. Sushi e San Daniele mi piaccion troppo.
Ma non credo alla storia di quelli che dicono: "l'uomo è onnivoro e quindi deve mangiar di tutto". No, credo semplicemente che nel 21 secolo l'uomo possa e DEBBA far delle scelte su quello che ingerisce per placare il bisogno fisico più pressante che esista. Dopo quello dei vestiti.
E tra l'altro, far delle scelte vuol dire anche scegliere il prosciutto da consorzi fidati, con buona pace della tua coscienza e della morte dignitosa del maiale.
Peggio di quelli che sostengono l'onnivoricità dell'uomo, ci sono gli animal-zisti che appena ti sorprendono con un Chicken Mc Nugget tra le mani tirano fuori cartelloni da non si sa bene dove e iniziano a farti venire i sensi di colpa per tutti i mali del mondo, fin dall'era del peccato originale. MA CCCCOOOME?? Non lo sai che per quella crocchetta le cascate del Niagara si prosciugheranno? E SARA' TUTTA COLPA TUA! Dell'industria della carne? No, certo che no. TUTTA COLPA TUA! Che vai al Mc Donald quando costretto, tra l'altro.
Ma vogliamo invece parlare degli attivisti di Green Hill? Che prima non si cagavano nessun cane pisciato fuori da qualsiasi autostrada, ma appena scoprono che ci sono dei beagle cuccioli rinchiusi in un lager, allora BUM! Andiamo a salvarli! Hanno bisogno di noi! Si meritano di meglio! Una vita vera! In una famiglia che li ama!
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RAZZA DI CRETINA LOBOTOMIZZATA DAI MEDIA CHE NON SEI ALTRO, BARBIE MECHESATA CHE SI E' FUSA IL CERVELLO CON L'AMMONIACA, BODY BUILDER DAL MINUSCOLO CERVELLO CHE DEVE DIMOSTRARSI TENERO COLLA SUA RAGAZZA, ma voi LO SAPETE che ci sono cani rinchiusi nei canili da ANNI che non aspettano altro? Solo che magari nessun tg si è occupato di loro. Non è che han sofferto di meno, anche se non sono state cavie per esperimenti (per altro sulla vivisezione ci sarebbe da aprire un altro capitolo). Magari PROVATE A PENSARE anche a loro, una volta. Che con tutta la mobilitazione che si è fatta per quei beagle, il canile di Orzinuovi si sarebbe svuotato ben prima.

Io ammiro molto gli animalisti moderati, carini, simpatici, non maniaci ossessivi che mettono in pratica il buon senso in tutte le cose: quelli che scelgono cosmetici non testati, quelli che s'informano, quelli che s'impegnano davvero per cambiare le cose, ma che non ti reputano il male del mondo se tu mangi carne o usi il Dixan. Magari te lo fanno notare, ma con pacatezza. Non certo versandoti vernice sulla pelliccia (quanto sono bravo nelle ringkomposition?). Io so solo che diventerò vegetariano e smetterò di apprezzare pellicce quando riuscirò a fare tutte quelle cose. Per ora rimango con i miei quesiti esistenziali.


lunedì 12 novembre 2012

Margiela + H&M = Dilemma Esistenziale

Non so se lo sapete (nel caso non lo sappiate non è poi così grave), ma dal 15 Novembre del corrente mese, il che vuol dire tra 3 giorni, sarà in vendita negli store selezionati H&M la collaborazione tra il colosso svedese di stamminchia moda low cost e l'Olimpo dello stile, il non plus ultra del minimalismo irriverente (e voi tutti dovreste sapere quanto io ami il minimalismo), il mioddioquantotiamiamo dei vestiti, cioè Maison Martin Margiela. Ora, io ho una vera psicosi quando si tratta di Margiela, nel senso che i miei occhi iniziano a luccicare e io emetto gridolini di dubbia natura umana. Perchè io, da lontano, ho sempre ammirato i pezzi di Margiela e ho sempre desiderato il guardaroba pieno delle loro cosucce. No, aspettate, corrego la frase: ho sempre desiderato il guardaroba pieno. Punto.
MA, c'è un "ma" bello e pesante come mia nonna quando mi chiede se sto studiando (Ciao nonna, ti voglio bene): e quel MA è composto dalle lettere H ed M intervallate dal segno di congiunzione &.
Io H&M proprio non lo concepisco, io quando entro lì dentro sento sempre uno strano odore di polvere che mi fa starnutire a ripetizione. Eppoi quello di Brescia è 'na merda allucinante, ma questo non c'entra poi molto.
Ora, quindi, cosa devo fare? Perchè i miei emisferi cerebrali stanno combattendo una lotta che non si risolverà senza spargimento di sangue. Che tra l'altro sarà il mio, quindi non sarebbe nemmeno tanto divertente. Cioè, io dovrei fare la coda infinita il 15 Novembre a Milano per accaparrarmi magari una misera giacca? Eppoi doverla condividere con tutta la gente scema di Milano che, molto probabilmente, non sa nemmeno lontanamente quale sia la filosofia di Margiela? La stessa gente che tempo fa ha creduto di aver fatto un affarone comprando i pezzi Lanvin for H&M. Invece NO TESORO, avevi un capo Lanvin for H&M e ne avrai uno Margiela for H&M, che è un po' diverso. E poi io ricordo scene di panico quando hanno venduto la collezione di Lanvin: gente che era lì in coda dalle 7 per poi magari uscire vestita come un uovo di pasqua. Ovvio, con Margiela non ci sarebbe il rischio di uscire come uova di Pasqua, però la coda sì... E io odio le code. Gente del mio lignaggio dovrebbe passare davanti a tutti, non scherziamo.
Dopo questo delirio, credo di esser giunto ad una soluzione: aspetterò di avere 3000euro per una giacca vera di Margiela, rinunciando ad una finzione cucita da scimmie addestrate.

Peccato però. per questa maglia mi piace davvero molto.
Maglia


giovedì 8 novembre 2012

Ma non c'è proprio nulla da festeggiare.

L'altro giorno, mentre ero su un autobus che mi doveva riportare alla dimora famigliare, dal finestrino vidi un cartellone che aveva su di sè raffigurato un individuo di sesso maschile in sovrappeso, vestito in un completo 100% acrilico, con capelli e barba incolti e un pallone da rugby sotto il braccio. Non essendomi turbato abbastanza, decisi di indagare il motivo di tale scempio visivo. Così, feci scorrere lo sguardo per tutto il manifesto e BAM. Il motivo mi fu chiaro. Sudore freddo iniziò a scorrermi dalla fronte, tremori diffusi, battito cardiaco a 200bpm, voce flebile che invocava i sali al primo venuto. Ebbene sì, quello che lessi era proprio questo: NOTTE BIANCA DELLO SPORT SABATO 10 NOVEMBRE.
Cosa diavolo vuol dire? Ma è tutto uno scherzo. Non è umanamente possibile fare una notte bianca a due mesi di distanza dall'ultima. E va bene, lo so che odiare la notte bianca fa tanto 2009, ma quando è troppo e troppo. Per i bresciani che abitano in città, una notte bianca vuol dire smaronamento a mille. Vuol dire vedersi il sabato sera rovinato per gente che A)ti occupa il parcheggio e B)cammina a 500m/h nelle vie del centro.
La notte bianca è una strana usanza per strana gente con poco da fare e tanta voglia di farsi vedere importata da città come Milano o Roma. Città che hanno vie larghe, un centro grande e agevole e mezzi pubblici funzionanti (a proposito, signor Paroli, vuoi fare qualcosa per la linea 12 o continui a pettinarti con le bombe a mano?). Brescia non ha nessuna di queste tre cose; però ha uno strano sindaco lungimirante latitante e che quando torna prede decisioni discutibili tipo il Palazzo Fuksas.
Ora di seguito elencherò, per punti, i motivi per cui le notti bianche bresciane vengono ritenute dal sinveramente vostro un crimine contro l'umanità e per i quali l'ONU non ha ancora preso provvedimenti.

1. La ricca Brescia (questo l'epiteto affibiatole da illo tempore) sarà pure la provincia più grande della regione territorialmente, ma ha un centro che è poco più grande del circo Togni. E vi assicuro che non è divertente quando te lo ritrovi intasato da squinzie con vestiti inguinali accompagnate da bambolotti cerati e lobotomizzati. Cioè, anche meno, grazie. E poi si rincoglioniscono appena arrivano in Corso Palestro perchè non vanno più avanti, come se lo store di Douglas sia qualcosa di davvero interessante. Salutiamo le commesse di Douglas che mi leggono sempre e diciamo loro che la simpatia è gratis.
Sui parcheggi introvabili non dico nulla perchè mi sembra superfluo.

2. Non c'è nulla da festeggiare per i negozi aperti fino alle ore 24, giacchè i negozi DOVREBBERO stare aperti SEMPRE fino alle ore 24. La comunità chiede a gran voce di poter uscire da Coin olezzante di vari profumi a qualsiasi ora del giorno; vogliamo poter scombinare tutto il negozio di Zara lamentandoci della scarsa qualità dei suoi pezzi quando ci pare e piace; vogliamo poter sentire la sufficienza della commessa di Feltrinelli quando ti dice "Guarda che è fuori catalogo" ogni qualvolta ci prende il masochismo andante. Ecco perchè dovremmo tutti chiuderci in casa quando fanno le notti bianche e protestare a gran voce per questi diritti base. E' forse chiedere troppo? IO NON CREDO PROPRIO.

3. Può davvero essere motivo per intasare il centro una partita di rugby? Che poi, io ancora devo capire bene la differenza tra rugby e football americano, ma per quanto mi riguarda rimangono energumeni che si rincorrono portanto tra le braccia una palla che ricorda vagamente una supposta (qui non sono ammesse battute scurrili su cosa possono farci con quella palla negli spogliatoi, sappiatelo). Io non lo credo; io ritengo che i motivi per far festa siano ben altri. Tipo Lady Gaga a Brescia, oppure un semplice saluto dello scrivente, o l'improbabile decisione di Daniela Santanchè di darsi all'agricoltura. E perchè non c'è stata nessuna celebrazione statale quando le Spice Girls si sono riunite lo scorso Agosto per la chiusura delle Olimpiadi? Questo è il dilemma che io mi porto dietro da allora, ma con la coscienza pulita, dato che nel mio piccolo ho gioito molto

Quindi, cerchiamo tutti di non rovinarci a vicenda il Sabato sera e dirottiamoci verso i paesi limitrofi, come quelli sul lago o nel milanese o Timbuctu.

martedì 6 novembre 2012

Le Regole Generali che Carla Gozzi ti prego spostati.

Non so se voi, mentre vi sentivate confusi&felici (e anche un po' su di giri causa il movimento turbinoso di testicoli che vi ha provocato quella gelata di fine Ottobre/inizio Novembre), vi siete per caso sintonizzati sul canale Real Time e lì, tra un triste armadio ed una sciatta comparsa, avete intravisto una signorina bionda bianca wannabe style coach vestita come un inquietante ibrido tra una segretaria un po' lasciva e Maria Montessori: ebbene, quella è Carla Gozzi, già passata alla storia per aver fatto da spalla ad un comico gay vestito con la tappezzeria del divano in un programma chiamato "Ma Come Ti Vesti?!". Lasciatemi dire che se non sapete chi è Carla Gozzi dovete farvi serie domande sulla vostra preparazione di trashitudine italiana, nota materia di studio nella quale io mi sono sempre distinto. E poi soprattutto non stupitevi se vi chiederò come stanno gli orsi che coabitano con voi nella caverna lassù in valle. Ecco, io qui, in questo cyberfoglio bianco, voglio fare un po' quello che lei sa far meglio: dare Regole Generali (cciuuro! Nel programma le chiama così) ad cazzum per non sfigurare in società o, più semplicemente, per strada.

1. Le infradito. Sono la piaga della stagione estiva, contro le quali io sto portando avanti una personale crociata (ma che sta raccogliendo numerosi proseliti). La loro origine francamente m'interessa un nonnulla, ma si dice che siano state inventate da un qualcuno di Nairobi che ha legato insieme una foglia di palma per fare un perizoma 100%eco per la sua bella; quest'ultima però, non capendo come dovesse essere indossata, se la mise al piede. E per di più ne pretese una uguale, di foglia, giacchè le scarpe spaiate mai nella vita (a proposito, IO LO So che tu almeno una volta nella vita hai indossato converse di diverso colore. Va' a chiuderti nell'armadio a piangere in posizione fetale). Forti dubbi igiuenici poi sorgono alle persone di buon senso quando vedono strani individui aggirarsi con le suddette calzature per il suolo cittadino: o volete per caso fare come gli svedesi che camminano a piedi nudi per gli alberghi? Io non credo proprio.

2. Le meches. Una mia cara amica ha definito (giustamente) le meches "Il cancro della società". Prima di tutto, Paola Marella non ha le meches, e qualunque tentativo di assomigliarle è vano, giacchè lei è Paola Marella e noi non siamo nessuno. Secondo: ma davvero tu ambisci ad avere i capelli striati wannabe Solange? E parlo del mago, qui. E se hai googlato il suo nome per cercare immagini relative, ti sarai già spaventato a dovere. Chè persino Geri dopo il periodo con le Spice se le è tolte (e forse è stata la cosa più sensata della sua vita. Poi si è messa a fare la solista...)

3. La biancheria intima in vista. Qui voglio condividere un'espressione molto efficace di mia nonna, che si riferisce alla biancheria intima con la locuzione "la biancheria segreta". E segreta deve rimanere. E' un concetto tramandato in Italia di generazione in generazione da donne forti, morigerate, pudìche e anche un po' rompipalle, ma sicuramente attente a quella cosa che, sfortunatamente, si sta perdendo e viene ritenuta senza valore: l'etichetta. E quindi, se io vedo il reggiseno nero pizzato che spunta dalla camicetta un po' scollata, puoi biasimarmi se ti penso zoccola? E i giochi di Afrodite quando li fai se mostri già a tutti cosa contiene la tua finta coppa D? E il piacere della scoperta? E l'elastico della mutanda smandrappata che esce dal pantalone in denim lo trovi davvero sexy? Io no. Io invece trovo che ti dia un'aria goffa stile Gongolo che si è fatto la cacca addosso.

4. Il jeans bianco Premesso che sulle fanciulle è tollerato e a volte anche incentivato se questa è slanciata, ma sui fanciulli è la nemesi. L'apocalisse. La "O Fortuna Velut Luna" dell'abbigliamento; chè l'aria da bullo anni '90 non piace a nessuno. Ma veramente, ma io quando li vedo provo l'insaziabile desiderio di barcollare con un barile di passata di pomodoro nelle loro vicinanze; poi quando si tira fuori l'immancabile scusa "Bianchi così li trovo eleganti" suona tanto come un "vorrei ma non posso".

5. Il jeans ai matrimoni. Concessi fino diciamo 28 anni, poi iniziano a diventare anche loro un "vorrei ma non posso" della serie "mi sento ancora un ragazzino". Eh, però non lo sei. Tipo dovresti iniziare ad assumerti le tue responsabilità, tipo un abito serio per un matrimonio. Anche questa è una regola che arriva dalle nonne di cui sopra, le quali hanno una precisa enciclopedia tribale non scritta di ciò che bisogna fare e non fare a questo tipo di eventi. E serio non vuol dire noioso, perchè anche se ti vesti come Mario Monti nonostante i tuoi 28anni io mi sento legittimato a ritenerti un pirla.

6. Il calzino bianco alla caviglia. E su questo non sprecherei nemmeno troppe parole, visto che è lampante la sua imperdonabilità.

7. L'ombretto fino all'arcata sopraccigliare. Se è colorato sembrate Moira Orfei, se è nero sembrate delle panda. Scegliete a quale specie zoologica delle due assomigliare... Ad Halloween/serata in maschera/carnevale ovviamente è concesso (ma in quelle occasioni potete anche vestirvi da Nicole Minetti e nessuno vi dirà nulla).

8. Il collant color carne. Signorina, mi può dire quanto manca all'atterraggio? Già che è qui...cuscino,coperta e tappi, che il mio vicino continua a russare.

9. Le spalline trasparenti in silicone dei reggiseni: Una breaking news: si vedono. Non te n'eri accorta? MA DAVVERO? Ma allora sei grave. Apparte che di questo ne ho già parlato a sufficienza nel precedente post, ma è sempre bene ribadirlo. E , siccome dall'alto della mia magnificenza posso anche essere magnanimo (non chiedetevi dove stia la logica in questa frase: non ne vale la pena), voglio darvene un'altra, di breaking news: hanno inventato già da tempo i reggiseni senza spalline. E anche gli abiti con le coppe preformate.

Direi che ho finito la dose di veleno simpatia per oggi. Ovviamente a nessuno frega un emerito cavolo se voi non li reputate errori; per quanto mi riguarda potete continuare a vestirvi come avete sempre fatto. E nemmeno a me, che vivo bene lo stesso. Eppoi di brutte cose ne vedo tante in giro ma alla fine non dico niente perchè voglio vivere e non voglio occhi neri (e non per l'ombretto); al massimo ai miei conoscenti dirò solo qualche battuta che porterà una bella risata come conclusione.
Ah, potrei andare avanti ORE con l'elenco, ma sono stanco e soprattutto poi diventa troppo lungo e la sua carica umoristica si perde e divento noioso come Licia Colò quando parla dei lupi della Sila.

venerdì 2 novembre 2012

La cioccolata calda: un'interpretazione.

Per diversi lustri, il sinceramente vostro ha cercato la ricetta perfetta per fare la cioccolata calda, senza mai riuscire a trovarne una che lo soddisfasse veramente. Chiariamo il perchè di questa spasmodica ricerca: la cioccolata calda è uno stile di vita. Non è una bevamda calda che puoi semplicemente ordinare in un qualsiasi bar di provincia, è un momento di meditazione imprescindibile nelle lunghe e fredde sere invernali. Certo, se a voi non fa schifo la cioccolata calda in busta, allora forse non avete nemmeno il bisogno di meditare e potete continuare a berla in quel bar di provincia gestito da una maitresse cicciona e ossigenata con le spalline del reggiseno trasparenti (no ma, sinceramente, davvero credi che non si vedano?). Ma se sentite il bisogno, come lo sento io, di dover scandagliare i vostri animi più reconditi (perchè siete fighi e, come me, di un solo animo non sapete che farne) stile Albus Silente sul Pensatoio, allora vi serve quella cioccolata che A) vi soddisfi B) sia talmente buona da farvi dimenticare le calorie che state ingurgitando e C) stimoli le sinapsi a produrre profondi pensieri da condividere come stato su Facebook.
E ,quindi, molto probabilmente la vorrete diversa dal classico miscuglio cacao-latte- fecola di patate; anche perchè, chiariamolo una volta per tutte, può davvero chiamarsi cioccolata calda un miscuglio che al suo interno ha come ingrediente il famoso tubero ritratto da Van Gogh? Che poi, cos'è davvero la fecola di patate? Non può non avere origini demoniache una polvere bianca che, per magia, fa addensare qualsiasi cosa (Io la chiamo magia demoniaca, qualcun altro forse la chiama chimica, a me proprio non interessa; le due cose non sono molto distanti). E inoltre io voglio una cioccolata calda, non una roba budinosa stile calce da edilizia. 
Ecco allora che il mio ingegno sopraffino ha partorito un'idea che, sinceramente, non è che sia così luminosa: per fare la cioccolata calda buona ci vuole LA CIOCCOLATA VERA! Una frase dall'immensa forza logica, lo so. 
E prova e riprova con la cioccolata vera, ma ti viene sempre una cosa grumosa e indistinta che il mio cane non avrebbe faticato a confonderla con la sua scatoletta di carne. Come fare allora ad usare la cioccolata vera e scioglierla nel latte caldo senza che si formassero quei fastidiosi inestetismi della cucina meglio conosciuti come grumi? La ripsosta è più semplice di quello che possiate pensare: usare una grattugia! Quale portento teconologico, la grattugia! L'ultimo ritrovato scientifico per l'economia domestica! Perchè io, come un idiota, avevo tagliato la cioccolata a pezzettini piccoli, ma non sono mai abbastanza piccoli! Ecco perchè la grattugia. Usatela e potrete insultare quanto volete quelli che faranno ancora i grumi nella cioccolata calda. Perchè a voi non verranno più! Avrete la grattugia, pefforza. E comunque se non volete c'è sempre la cioccolata in busta. E comunque io e tutto il mondo di buoni costumi vi giudicheremo male (eccetto la maitresse del bar di provincia).

Questa è una ricetta che ho messo a punto dopo diverse ore di navigazione sul web e diverse ricerche sui cari libri di cucina. Ho cercato di farne una che non mi richiedesse grandi abilità culinarie (dato che io proprio non ne ho), ma che fosse ugualmente d'impatto (e soprattutto mi permettesse di pensare ai miei misfatti addolcendomi la coscienza)

Ricetta per una persona:
150 ml di latte
25 g di cacao amaro
15 g di cioccolato fondente 72%

Ho grattugiato la cioccolata fondente.
Ho messo il latte in un pentolino e fatto scaldare a fuoco lento e, quando era QUASI a bollore, ho versato la cioccolata grattugiata nel latte mescolando vigorosamente con una frusta.
Ho continuato a scaldare a fuoco lento, continuando a mescolare, per circa 3 min; dopo 3 o 4min ho versato il cacao amaro stemperandolo con una frusta.
Ho protato il latte a bollore, mescolato per altri 4min e poi ho versato in una tazza carina con piatto abbinato altrimenti i miei occhi bruciavano e si staccavano da soli.

P.S: va da sè che se la volete più liquida, potete aggiungere latte. Se invece la volete più densa, aumentate il tempo di cottura. Volendo potete fare 125ml di latte e 25ml di panna, ma questo sta un po' al vostro gusto.

Enjoy.

P.S2: Dato che ho strumenti e abilità fotografica parli alla mmmerda, può sembrare che la cioccolata immortalata nella foto sia un tantino lattosa e poco fondente/densa. Non è ovviamente così. E' densa al punto giusto, solo che le luci stroboscopiche di casa mia (e il mio cellulare del 15-18)  fanno venire tutte le foto con dei colori allucinanti.

giovedì 1 novembre 2012

Di blog n'è pieno il mondo.

La domanda, me ne rendo conto, sorge spontanea: perchè aprire un blog, ORA che il fenomeno blog/blogger si sta esaurendo? Cosa potrà mai avere in più il mio degli altri in circolazione? Assolutamente niente. Solo che, durante la vita di una persona, arrivano dei momenti in cui non puoi più rimandare certe cose; come quando stai facendo qualcosa di davvero importante, come il risotto, e la natura ti chiama affinchè tu svolga le funzioni biologiche del tuo corpo atte all'eliminazione delle scorie. A quel punto, cosa fai? Continui a sfumare il risotto oppure ti precipiti nella toilette più vicina? 
Ecco, per questo ho deciso di aprire un blog il Novembre primo dell' Anno Domini MMXII (nella significativa data del giorno dei morti). Perchè era una cosa che non potevo più rimandare. Scrivere è un bisogno impellente per me, eppoi devo pur fare esercizio da qualche parte prima di andare a lavorare per Vogue Italia, insomma...

Urge adesso una precisazione per le deboli menti che si stanno chiedendo cosa voglia dire il titolo: nulla, ma proprio nulla. Ma ha lo stesso significato di un cavolo bollito.E' stato semplicemente un luminoso e illuminante pensiero che mi è venuto durante il viaggio in treno (famoso luogo di profonde meditazioni) Frecciabianca 9706 Milano-Brescia. E Famolo Lento vuole essere da una parte uno stupido gioco di parole che coinvolge il mio nome ed il mio cognome, dall'altra un elogio alla lentezza, al fare le cose con calma, al non correre e al non stressarsi per la mancanza di tempo. Tutte cose che il sinceramente vostro non riesce a fare.

Essendo pendolare, ogni giorno sono costretto all'immane tragedia di avere a che fare con Trenitalia- Ferrovie dello Stato. E fare le cose lente, proprio non si può quando il tuo treno arriva in ritardo e tu devi ancora: prendere la metro, correre in sede, salire le scale e raggiungere l'aula della tua lezione (nella speranza di non sbagliarla per l'ennesima volta e di non svenire dopo aver sputato sangue per esserti trasformato in un centometrista quando proprio NON LO SEI). E poi, io ho l'ansia del tempo che fugge, ma proprio da livello patologico, ma nel senso che io mi sento invecchiato di un sacco ogni 5 minuti, ma nel senso che devo sempre fare qualcosa perchè se perdo tempo mi sento poi in colpa con me stesso e con il cosmo tutto. Quindi questo di farlo lento è anche un po' un obiettivo che mi sono posto. 


OVVIAMENTE non diventerò seguitissimo come Chiara Ferragni (a proposito, Chià, io ti ammiro. Non il tuo gusto, quello no, ma per essere arrivata dove sei arrivata. Per quello sì).ma comunque qui posso scrivere di quello che voglio io; chè se no poi tedio la gente nella real life con argomenti che non interessano proprio a nessuno come moda, design, cucina, politica illiberale sulle infradito etc. Tutto con una certa dose di home-made coglionaggine  (e con un'estetica che oscillerà dal barocco al minimal, per i bipolari incalliti come me che non sanno decidersi).